Quanto si spreca: le dimensioni del fenomeno
Lo spreco nel mondo
Purtroppo i dati riguardanti le dimensioni del fenomeno dello spreco alimentare sono tutt’altro che confortanti. La FAO nel 2011 ha evidenziato che circa un terzo della produzione mondiale di cibo destinato al consumo umano si perde o si spreca lungo la filiera alimentare ogni anno, ovvero ben 1,6 miliardi di tonnellate di alimenti (1,3 miliardi di tonnellate se si considera solo la frazione edibile). Altri dati provenienti dalla FAO, relativi al 2013 e riportati nel documento del Ministero dell’ambiente “Perdite e sprechi alimentari: i numeri del fenomeno”, sottolineano la distribuzione dello spreco lungo i diversi anelli della filiera (fig.1):
- 510 milioni di tonnellate si sprecano durante la produzione agricola (32%);
- 355 milioni di tonnellate si sprecano nelle fasi immediatamente successive alla raccolta (22%);
- 345 milioni di tonnellate si sprecano al livello del consumatore (domestico e nella ristorazione) (22%);
- 200 milioni di tonnellate durante la distribuzione (13%);
- 180 milioni di tonnellate si sprecano durante la trasformazione industriale (11%).
Fig.1 distribuzione dello spreco lungo i diversi anelli della filiera
Questi numeri indicano una cosa importante: lo spreco alimentare non coinvolge solo il consumatore finale, ma tutta la filiera. Le maggiori perdite si hanno soprattutto in fase di produzione e raccolta, ma anche le fasi di distribuzione e trasformazione non sono esenti da spreco. Il motivo risiede spesso nell’incapacità di ottimizzare tutte queste attività e di mantenere le condizioni ideali per la conservazione degli alimenti.
Peraltro, fenomeno dello spreco e delle perdite alimentari non è omogeneo nelle diverse regioni del mondo. Nei Paesi sviluppati il food waste ammonta a circa il 56% e si verifica soprattutto a livello domestico e nella ristorazione, mentre il restante 44% dello spreco alimentare globale è a carico dei Paesi in via di sviluppo e si concentra per la maggior parte nelle fasi di produzione, trasformazione e distribuzione della filiera agroalimentare, sia a causa dei limiti nelle tecniche di coltivazione e raccolta, sia per l’inefficienza dei sistemi di conservazione, di trasporto e di distribuzione.
- Nello stesso documento ministeriale vengono riportati poi altri dati ugualmente preoccupanti, quelli relativi all’impatto che lo spreco ha sull’ambiente:
- Per produrre il cibo che viene sprecato ogni anno nel mondo vengono inutilmente consumati 250.000 miliardi di litri di acqua. Un quantitativo che basterebbe a soddisfare i consumi idrici domestici di una città come New York per i prossimi 120 anni.
Ogni anno circa 1,4 miliardi di ettari di terra (circa il 30% della superficie agricola disponibile a livello globale) vengono coltivati per produrre il cibo che poi verrà sprecato. - Anche il clima risente dello spreco alimentare: ogni anno lo spreco del cibo nel mondo è responsabile dell’immissione in atmosfera di circa 3,3 miliardi di tonnellate di CO2 equivalente.
Sul piano economico poi, l’impatto dello spreco alimentare è tutt’altro che trascurabile: il valore del cibo sprecato a livello globale è stato stimato intorno ai 1.000 miliardi di dollari/anno. A questa cifra, già di per sé esorbitante, devono essere aggiunti i costi “nascosti”, pubblicati nel recente studio “Food Wastage Footprint – full costs accounting”, per cui devono essere aggiunti altri 700 miliardi di dollari di costi ambientali e 900 miliardi di dollari dovuti ai costi sociali, arrivando ad una stima complessiva di ben 2.600 miliardi di dollari.
Lo spreco in Europa
Lo studio “Preparatory study on food waste across EU-27”, commissionato dalla Commissione Europea e realizzato nel 2010 da “Bio Intelligence Service” (BIOIS), ha stimato che in Europa ogni anno vengono sprecate circa 89 milioni di tonnellate di cibo, ovvero 180 kg pro capite. Analizzando la ripartizione del food waste per anello della filiera si è inoltre visto che:
- Il 42% dello spreco avviene nel consumo domestico (pari a 76 kg pro capite/anno).
- Il 39% avviene durante la trasformazione industriale.
- Il 14% è dovuto al settore della ristorazione.
- Il 5% si produce durante la distribuzione.
Gli sprechi a livello domestico in Europa si confermano quindi come la fonte più rilevante su cui è importante indirizzare delle iniziative che riescano a sensibilizzare i cittadini al problema, in modo che i primi passi verso un cambiamento partano dalla vita quotidiana.
Lo spreco in Italia
Anche nel nostro Paese è stata valutata la ripartizione dello spreco alimentare per i diversi anelli della filiera. I dati, provenienti da uno studio effettuato nel 2013 dall’organizzazione Last Minute Market, in collaborazione con l’Università di Bologna, indicano che:
- circa 1,4 milioni di tonnellate di prodotti agricoli non vengono raccolti e vengono lasciati in campo. Una quantità che è pari a circa il 3% della produzione agricola nazionale.
- Circa 2 milioni di tonnellate di alimenti vengono sprecati nella trasformazione industriale.
- Circa 300 mila tonnellate vengono invece sprecati nella distribuzione commerciale.
- A livello domestico vengono sprecati circa 2,5 kg di cibo al mese per ogni famiglia.
Il valore economico dello spreco alimentare domestico in Italia è stato stimato dall’Osservatorio Waste Watcher nel 2014 intorno agli 8,1 miliardi di euro ogni anno. Come se non bastasse, questo dato probabilmente è inferiore rispetto a quello reale, perché l’Osservatorio ha effettuato la stima in base all’auto-percezione dello spreco da parte dei soggetti, che generalmente è inferiore rispetto alla realtà. In quest’indagine, infatti, l’81% degli intervistati dichiara di controllare regolarmente se il cibo scaduto sembra essere ancora buono prima di gettarlo e il 76% vorrebbe portare a casa il cibo che avanza al ristorante e, se non lo fa, è solo per l’imbarazzo di chiederlo. Una delle cause maggiori di spreco è stata identificata come la poca chiarezza delle etichette e la mancata conoscenza del loro significato, in particolar modo è risultata poco chiara la differenza tra “data di scadenza” e “termine minimo di conservazione”. Altre cause comuni sono risultate essere l’abitudine di cucinare più del dovuto e avanzare molto cibo, il fatto di comperare troppo rispetto agli effettivi bisogni perché non si programma bene la spesa, e una cattiva conservazione degli alimenti, sia in frigo sia in freezer.
La maggior parte degli intervistati del campione selezionato ha dichiarato inoltre che gradirebbe l’introduzione di percorsi di sensibilizzazione, nelle scuole e non solo, sul tema dello spreco alimentare.