Dove si spreca: lo spreco lungo la filiera
Secondo l’indagine del 2011 di Segrè e Falasconi (la prima a fornire una quantificazione dello spreco lungo tutta la filiera), sono 20 milioni le tonnellate di cibo sprecate dal campo al punto vendita, corrispondenti a circa 37 miliardi di euro. Nella filiera agroalimentare italiana la quantità di cibo sprecato è pari a 5,5 milioni di tonnellate/anno su circa 6 milioni di tonnellate/anno di eccedenza, ovvero la quasi totalità dell’eccedenza diventa spreco. Ciò fa capire che è necessario intervenire su tutta la filiera alimentare, perché lo spreco di cibo riguarda tutte le fasi, dal campo al consumatore finale.
Lo spreco nei campi, nella coltivazione e nella produzione agricola
Nonostante in Italia, come nel resto dei Paesi industrializzati, la quota maggiore degli sprechi riguardi le ultime fasi della filiera agroalimentare, ossia quelle che coinvolgono il consumatore, una buona parte di spreco avviene anche durante le prime fasi di coltivazione e produzione agricola. Nei Paesi in via di sviluppo le perdite in campo sono ulteriormente accentuate a causa della mancanza di tecniche adeguate (sia dal punto di vista tecnologico sia a livello di competenze agronomiche) e di inadeguati sistema di trasporto delle materie prime.
Lo spreco nel processo di trasformazione e produzione industriale
Il trasporto del prodotto è una fase molte critica: se non viene effettuato con i giusti mezzi e le dovute cautele può causare un ammaccamento del prodotto che, di conseguenza, viene scartato. Soprattutto nei Paesi industrializzati, infatti, esistono dei precisi requisiti a livello di dimensioni, colore e forma, che i prodotti devono rispettare per essere considerati accettabili, il che comporta l’eliminazione di molta frutta e verdura nutrizionalmente valida e che potrebbe essere consumata in tutta sicurezza, anche se non rientra nei parametri estetici stabiliti. Un esempio di questo tipo di spreco è proprio il nostro paese, dove nell’industria agroalimentare la maggior parte degli sprechi si verifica proprio nella lavorazione e conservazione di frutta e verdura (26%) e poi nell’industria lattiero‐casearia (21%), come riporta l’Istat. Nelle fasi di trasformazione del prodotto e produzione industriale è poi necessario considerare la quota degli “scarti di lavorazione”, ovvero tutti quei prodotti che vengono scartati a causa di inefficienza del sistema produttivo.
Lo spreco nella distribuzione
L’associazione UPPT – Un Pane Per Tutti ha stimato che in media la Grande Distribuzione mette a disposizione l’80% di prodotti in più rispetto a quelli realmente necessari: deve garantire una scelta di prodotti molto vasta, sia in termini di varietà sia di quantità, e deve rispettare degli standard qualitativi ed estetici molto elevati per riuscire ad attirare le attenzioni della clientela (chi comprerebbe dei prodotti che presentano delle imperfezioni quando ce ne sono a disposizione altri di pienamente integri?). Il risultato è che da una parte un’ingente quota dei prodotti vengono scartati direttamente dai produttori perché devono rispettare gli standard elevati imposti dalla grande distribuzione, dall’altra spesso la grande distribuzione non sa bene come gestire (a causa di una pianificazione degli approvvigionamenti errata o inefficiente) le eccedenze alimentari che si avvicinano alla data di scadenza, determinando un ulteriore spreco anche in maniera diretta.
Lo spreco nella mensa scolastica
Come si è visto, è però a livello del consumatore che avviene la maggior parte dello spreco, sia questo un consumo domestico o nei servizi di ristorazione, mense scolastiche incluse. A livello della ristorazione nel suo complesso, lo spreco può essere dovuto all’eccessiva dimensione delle porzioni di cibo servito, che in parte viene lasciato nel piatto; alla scarsa cura nella preparazione delle pietanze o nella loro presentazione; all’errata pianificazione degli acquisti alimentari; alla scarsa diffusione delle pratiche che consentono ai clienti di portare a casa gli “avanzi” del proprio pasto; al fatto che il momento della refezione spesso non è vissuto con piacere e non è visto come un’opportunità per conoscere meglio il cibo.
Il consumo dei pasti in mensa, invece, potrebbero costituire un’occasione per riflettere sullo spreco alimentare e cercare delle soluzioni personali efficaci: com’è possibile che nelle scuole italiane, dove si consumano circa 380 milioni di pasti all’anno, lo spreco di cibo legato alla ristorazione scolastica ammonti a quasi 87.000 tonnellate di cibo ogni anno? Interrogarsi sulle cause che portano a tale spreco di cibo è il primo passo per trovare una soluzione.
Il consumo domestico
Oltre alla mensa scolastica l’altro luogo per eccellenza dove ognuno può cercare di monitorare il proprio comportamento riguardo lo spreco è, ovviamente, la propria casa. Le statistiche indicano infatti che molto dello spreco di cibo avviene tra le mura domestiche, per svariati motivi:
- spesso si tende a fare una spesa eccessiva rispetto alle reali esigenze (soprattutto se non si fa una lista dettagliata delle cose da comprare e ci si affida alle offerte e alle decisioni prese sul momento);
- si comprendono poco le etichette alimentari (data di scadenza e termine minimo di conservazione) così si buttano prodotti che sarebbero ancora tranquillamente commestibili;
- si conserva male il cibo, sia in dispensa che nel frigo e nel freezer, così si lasciano scadere o andare a male molti prodotti che così non possono essere più consumati;
- si prepara una quantità di cibo decisamente superiore a quella che poi verrà effettivamente consumata, senza consumare tutti gli avanzi nei giorni successivi;
- spesso non si ha voglia di mangiare i cibi avanzati i giorni precedenti e non si riescono a trovare delle ricette creative per riproporli in modo alternativo;
- non si ha una giusta consapevolezza del valore del cibo, sia in termini nutrizionali, che etici che ambientali, e non si pensa ai danni che lo spreco alimentare può fare ;
- anche il numero di componenti della famiglia, il reddito famigliare, le fasce di età e la cultura sono altri fattori che influenzano la quantità di spreco che si produce.